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Prenatal Safe: il NIPT italiano a tecnologia avanzata.

È ormai da diversi anni che ha preso piede un test di screening prenatale definito NIPT, Non Invasive Prenatal Test, molto più sensibile rispetto agli altri test della categoria, poiché esegue un’analisi diretta sul cfDNA, il DNA fetale libero circolante nel sangue materno. Di questo test poco nota, forse, è la ricerca e la tecnologia che vi è dietro.

È stato determinante per il suo sviluppo lo studio di Dennis Lo, professore di Patologia Chimica presso l’Università di Hong Kong, che, nel 1997, ha pubblicato su The Lancet dati che mostravano la presenza di frammenti di DNA provenenti dalla placenta nel sangue di gestanti.

L’idea è nata, come spiega nell’articolo, dalla precedente scoperta di DNA tumorale nel circolo sanguigno di pazienti malati (Mulcahy HE et Al., 1996). Il Professor Lo e i suoi collaboratori hanno deciso di verificare se si aveva una situazione analoga per la gravidanza. Attraverso l’uso di una PCR che rileva la presenza del cromosoma Y (posseduto solo dai maschi) è stato analizzato il DNA proveniente da plasma, siero e cellule nucleate di donne con feto maschio e nei gruppi di controllo composte da donne con feto femmina e donne non incinte. Oltre a dimostrare la presenza del cromosoma Y solo nelle donne con feto maschio (e quindi derivante esclusivamente dal feto, poiché questo cromosoma è assente nelle donne), i dati hanno anche suggerito che la quantità del cfDNA aumenta con il progredire della gravidanza.

Questi tipi di test possono essere eseguiti precocemente perché il cfDNA altro non è che il DNA liberato dal trofoblasto, un gruppo di cellule che nutre l’embrione e da cui origina la placenta. Alcune di queste cellule si rompono rilasciando il loro DNA nel circolo sanguigno materno. Dalla decima settimana il materiale genetico fetale circolante nel sangue materno è generalmente in quantità sufficiente per essere isolato e analizzato. La quantità del cfDNA è definita frazione fetale (FF) e fino a qualche anno fa si riteneva che dovesse essere superiore al 4% per avere un risultato attendibile.

Questo però era un dato determinato teoricamente, partendo dal presupposto che le aneuploidie fetali non potessero essere rilevate a FF minori. Uno studio recente (Fiorentino et al., 2016) ha dimostrato sperimentalmente che il livello minimo di FF necessario per uno studio accurato di aneuploidie non deve essere necessariamente fissato al 4%, ma dipende dal vero LOD (limit of detection) di ogni specifico NIPT, ponendo al 2% quello del Prenatal Safe.

Attraverso un’analisi complessa di laboratorio il cfDNA è isolato dalla componente plasmatica del sangue materno e poi sequenziato ad elevata profondità di lettura da sequenziatori NGS ILLUMINA e Thermofisher. Le sequenze ottenute vengono sottoposte ad un’avanzata analisi bioinformatica per determinare la presenza o meno di anomalie cromosomiche strutturali o numeriche nel feto.

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