Breve vademecum per la donna in gravidanza.
Il periodo della gravidanza è sicuramente uno dei più emozionanti nella vita di una coppia, ma allo stesso tempo è quello in cui possono sorgere preoccupazioni, dubbi e domande sullo stato di salute del bambino. Questo vademecum vuole essere un ausilio per le future mamme per trovare qualche risposta alle domande di carattere biologico e scientifico, in modo tale che possano vivere la gravidanza e gli eventuali test di diagnosi prenatale in maniera serena e consapevole. È importante che le donne interessate ai test prenatali affrontino l’argomento con il proprio ginecologo ed eventualmente con un genetista (con quest’ultimo soprattutto le donne che presentino un fattore di rischio o il cui partner abbia una familiarità per una malattia a carattere genetico) e decidano il percorso da seguire in modo autonomo, ma cosciente. Negli anni ‘80 è stato introdotto il fattore “età materna” come strumento di screening per la sindrome di Down, poiché si è vista una correlazione tra età materna avanzata e incidenza della sindrome nel neonato. Questo, però, non deve far pensare che solo le donne al di sopra dei 35 anni abbiano la necessità di sottoporsi ad uno o più esami. Infatti nelle linee guida sulla gravidanza fisiologica pubblicate dall’Istituto Superiore della Sanità nel 2010 è specificato che a tutte le donne deve essere offerto un percorso per la diagnosi prenatale dellasindrome di Down , indipendentemente dall’età.
La diagnosi prenatale
La diagnosi prenatale è l’insieme delle indagini, strumentali e di laboratorio, che permettono di monitorare lo stato di salute del feto durante la gravidanza. Queste tecniche possono essere invasive o non invasive e servono per identificare malformazioni fetali, patologie genetiche, infettive e iatrogene. Nonostante la diagnosi prenatale stia facendo passi avanti, non è possibile vedere tutte le patologie in assoluto. Nella popolazione generale il rischio di malattie fetali o malformazioni è circa del 5%. È fortemente raccomandata l’esecuzione di esami diagnostici e quindi chiedere il parere del ginecologo per la metodica più adatta (in molti di questi casi può essere utile, in aggiunta, anche un colloquio con un genetista) in coppie con:
• Familiarità per malattie ereditarie
• Infertilità o poliabortività
• Genitori consanguinei
• Precedente figlio affetto da anomalia cromosomica
• Partner portatore di un’anomalia cromosomica strutturale bilanciata
• Partner con mosaicismo cromosomico
• Età materna avanzata
• Storia familiare di difetti del tubo neurale
• Malattie infettive insorte in gravidanza
• Indicazioni teratologiche (assunzione di farmaci, radiazioni ecc.)
Test di screening prenatale
Sono esami non invasivi accessibili a tutte le donne che, dopo aver ricevuto l’informazione adeguata, li richiedono. Ne esistono diversi, vediamo in cosa consistono quelli più comuni. L’Ecografia è sicuramente la tecnica diagnostica non invasiva più comune ed importante, non a caso nelle linee guida del Ministero della Salute Italiano viene indicato di farne una per trimestre per monitorare la gravidanza. Esistono diversi livelli, quella più semplice che serve per verificare l’età gestazionale, lo sviluppo e la vitalità fetale, viene eseguita tra l’11° e la 13° settimana e serve anche a misurare la translucenza nucale, parametro utilizzato per individuare un’eventuale anomalia cromosomica. Un livello più avanzato di ecografia è la cosiddetta morfologica, che si esegue durante il 2° trimestre e permette la visualizzazione di molti dettagli dell’anatomia fetale, quindi può identificare eventuali malformazioni congenite strutturali. Verso la 32° settimana l’ecografia è utile per controllare la crescita del feto (biometria ecografica) , la placenta e il liquido amniotico e alcune possibili malformazioni che non erano rilevabili nelle ecografie precedenti. Il test del DNA fetale circolante nel sangue materno, detto anche NIPT (Non Invasive Prenatal Testing), è un test di screening frutto dell’avanzamento tecnologico che, a differenza dei test predittivi, non stima un rischio, ma fa un’analisi diretta del DNA fetale circolante e quindi ha una maggiore accuratezza rispetto agli altri test di screening. Già dal 1997 è noto che dalle prime settimane della gravidanza il trofoblasto rilascia nel circolo materno frammenti di DNA fetale, che può essere campionato con un semplice prelievo del sangue, quindi è un test che può essere effettuato fin dal primo trimestre (dalla 10°settimana). Riesce ad identificare le aneuploidie fetali a partire dalle trisomie 21, 18 e 13 fino a fare un’analisi del cariotipo attraverso un processo tecnologico avanzato di sequenziamento massivo parallelo dell’intero genoma fetale, che impiega tecniche di Next Generation Sequencing. L’esame ha un’attendibilità superiore al 99% nel rilevare la trisomia 21, la 18 e la 13, e del 95% per rilevare la monosomia X, con falsi positivi inferiori allo 0.1% (per questi dati e per quelli inerenti gli altri cromosomi consultare i link del test che si vuole effettuare) Il test può essere eseguito sia su gravidanze singole che gemellari, anche se ottenute con tecniche di fecondazione assistita (omologa ed eterologa). Non può però escludere la presenza di tutte le anomalie cromosomiche fetali. I test predittivi combinano i dati ecografici con quelli biochimici del siero materno. Servono per fare una valutazione di un rischio di anomalie cromosomiche come le trisomia 13, 18 e 21, e di alcune malformazioni. Questi test servono a verificare se sono necessari test diagnostici invasivi e si parte da un rischio a priori e lo si corregge con i dati biochimici. Per esempio per una donna di 40 anni il rischio di avere un figlio affetto da trisomia 21 è 1:106, questo rischio può aumentare o diminuire a seconda dei risultati del test. Generalmente il valore soglia di rischio viene posto a 1:250 che è all’incirca quello che corrisponde ad una donna di un’età superiore ai 35 anni. Durante il primo trimestre è comunemente effettuato il bi-test (markers: PAPP-A e beta-HCG) che ha un potere di riconoscimento della trisomia 21 del 63% (falsi positivi 5%) e questo valore aumenta fino al 90% quando si trova in combinazione con la valutazione ecografica della translucenza nucale.
Esami diagnostici invasivi
Gli esami diagnostici invasivi sono così chiamati in quanto consistono nel prelievo di cellule fetali che verranno poi analizzate al fine di diagnosticare eventuali anomalie. La villocentesi permette un prelievo precoce dei villi coriali (dalla 11° alla 13° settimana) attraverso una cannula flessibile introdotta per via transvaglinale o un ago rigido via transaddominale sotto controllo ecografico. Può avere delle complicanze quali infezioni, perdite ematiche o di liquido amniotico ed il rischio di aborto è di circa 1-2% (superiore rispetto all’amniocentesi per via dell’età gestazionale in cui viene fatta). L’amniocentesi è la tecnica di diagnosi prenatale invasiva più praticata, viene eseguita preferibilmente tra la 15° e la 18° settimana di gravidanza . Si prelevano 15-20 ml di liquido amniotico inserendo un ago attraverso l’addome sotto guida ecografica. Le complicanze sono rare e possono essere emorragia placentare, l’amniotite (incidenza dello 0.1%), rottura delle membrane e possono portare all’aborto in una piccola percentuale di casi (0,5/1%). Una volta che i campioni sonno stati prelevati dovranno essere esaminati attraverso il cariotipo tradizionale o quello molecolare. Il cariotipo tradizionale consiste nella coltura delle cellule prelevate e nell’analisi dei cromosomi al microscopio. Questa tecnica ha tempi d’attesa molto lunghi dovuti alla necessità di fare colture cellulari (15-20 giorni). Nel caso del cariotipo del liquido amniotico, viene anche evidenziato il dosaggio dell’Alfa Feto Proteina (AFP) per verificare alcune anomalie fetali come, ad esempio, l’onfalocele e la spina bifida. L’accuratezza di questa tecnica dipende molto dalla risoluzione del microscopio usato e può capitare che si debba ripetere il prelievo se le cellule non crescono in coltura. Con questa metodologia si possono indagare patologie che interessano il numero e l’aspetto grossolano dei cromosomi, ma non quelle dovute a microdelezioni o microduplicazioni. Molto più accurato risulta essere il Cariotipo Molecolare (array-CGH) infatti ha una risoluzione 100 volte più elevata rispetto al cariotipo tradizionale ed è molto più veloce (risultati in 2-3 giorni) poiché le cellule non vengono messe in coltura. Con questa tecnica possono essere identificate patologie dovute ad alterazioni cromosomiche submicroscopiche (microdelezione/ microduplicazione). Grazie ad un’analisi bioinformatica sofisticata, si possono definire i geni contenuti in una regione genomica alterata e verificare la patogenicità dell’anomalia e quindi valutare le conseguenze cliniche. È particolarmente indicata nei casi in cui un’ecografia o un cariotipo tradizionale abbia individuato anomalie che possano essere ricondotte ad una patologia cromosomica. Come tutte le tecniche anche questa presenta dei limiti, infatti non possono essere identificati riarrangiamenti cromosomici bilanciati (non patologici) e i mosaicismi con una linea cellulare scarsamente rappresentata.
Cromosomi, cariotipo, aneuploidie e trisomie. Cosa sono?
Veniamo ora alla parte più tecnica che, anche se qui semplificata, potrebbe risultare un po’ ostica ai non addetti ai lavori, ma che può aiutare a capire meglio le tecniche di diagnosi prenatale, e il motivo per cui vengono consigliate. I cromosomi sono strutture di DNA e proteine, si trovano nel nucleo cellulare e, nella specie umana, sono 46 divisi in 23 coppie.
Il cariotipo (o mappa cromosomica o corredo cromosomico) è l’insieme dei cromosomi e contiene l’intera informazione genetica, 22 coppie sono dette autosomi, la 23° coppia è detta sessuale, perché determina il sesso dell’individuo (XX femmina, XY maschio). Le cellule germinali (ovulo e spermatozoo) contengono metà del corredo cromosomico. Quando lo spermatozoo feconda l’ovulo formano una cellula con un corredo cromosomico completo, metà del quale deriva dalla madre e metà dal padre.
Le anomalie dei cromosomi possono essere numeriche (aneuploidie) o strutturali, sono relativamente frequenti e gravi (nella maggior parte dei casi sono incompatibili con la vita), per questa ragione esistono diversi test ed esami che servono ad individuarli. Anomalie cromosomiche numeriche: Aneuploidia letteralmente significa variazione nel numero dei cromosomi, nell’uomo sono abbastanza frequenti le monosomie (assenza di un cromosoma, 45 totali), ma ancor più le trisomie, caso in cui si hanno 47 cromosomi invece di 46. Le monosomie complete sono incompatibili con la vita, ad eccezione della monosomia del cromosoma X (Sindrome di Turner). Le trisomie complete di alcuni cromosomi (per esempio 21, 18 e 13) sono compatibili con la vita e sono associate a difficoltà di apprendimento, problemi nella crescita, cardiopatie e problemi di salute del bambino.
Le aneuploidie sono frequentemente causate da errori di formazione dei gameti e il risultato è una cellula con un cromosoma in più e una con un cromosoma in meno. Se per esempio un ovocita con 24 cromosomi viene fecondato da uno spermatozoo con 23 cromosomi, il risultato sarà un embrione con 47 cromosomi.
Questo fenomeno può avvenire sia negli ovociti che negli spermatozoi, ma è più frequente nella donna ed aumenta con l’età, per questo motivo lo Stato Italiano permette l’esecuzione gratuita degli esami diagnostici invasivi (villocentesi ed amniocentesi) alle donne che abbiano un’età superiore ai 35 anni.
In casi molto rari solo le cellule di alcuni tessuti hanno un numero di cromosomi alterato, questa situazione viene definita MOSAICISMO GENETICO. Come si può immaginare, questo quadro clinico rappresenta una situazione critica per la diagnosi prenatale. Anomalie cromosomiche strutturali: Sono anomalie conseguenti alla rottura di uno o più cromosomi. Se la rottura si verifica sugli autosomi, il quadro clinico generalmente è caratterizzato da problemi di apprendimento e malformazioni, mentre se si verifica sui cromosomi sessuali, esso cambia a seconda se avvengono su X o su Y. Dal momento che i cromosomi sono costituiti da geni, che sono il “libretto di istruzioni” delle nostre cellule e quindi del nostro corpo, se un cromosoma ha delle alterazioni, per esempio una parte in meno, si hanno delle conseguenze dovute alla perdita dell’informazione genetica. Le principali anomalie strutturali sono dovute a: traslocazioni, delezioni, inversioni e duplicazioni e nell’uomo sono causa di gravi malattie come, per esempio, la sindrome del “cri du chat”, conseguenza di una delezione sul cromosoma 5.
Conclusioni L’avanzamento tecnologico e scientifico nel campo della medicina e della biologia molecolare ha dato modo di sviluppare tecniche ed esami che permettono alla donna di monitorare l’andamento della gravidanza fin dalle prime settimane. Questo fa sì che la gestante possa essere rassicurata sullo stato di salute del feto oppure di sapere in anticipo eventuali rischi e predisporre un intervento terapeutico volto a migliorare la salute del bambino e/o della mamma. Età materna Rischio di sindrome di Down Rischio complessivo per anomalie cromosomiche.